Ascoltando "Le voci che chiamano"

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Venerdì 1 marzo sono venuti a scuola alcuni volontari dell’associazione “Ascoltiamo le voci che chiamano” per raccontarci la storia dell’associazione, ma soprattutto per farci capire quali sono i progetti di cui si occupano e come è nata la collaborazione con la nostra scuola. Erano presenti la signora Beatrice (attuale presidente dell’associazione) e i signori Giovanni, Severino, Piero e Giorgio. Giovanni ci ha raccontato che l’Associazione “Ascoltiamo le voci che chiamano” si è costituita nel 2002 a seguito di un viaggio in Perù che lui stesso aveva fatto privatamente. In quell’occasione lui è entrato in contatto con un centro di accoglienza che aveva sede a Cuzco fondato da Vittoria Savio, un’insegnante di Torino. L’incontro con questa realtà  ha fatto nascere in lui il desiderio di fare qualcosa per supportare il lavoro e i progetti del Centro, una volta ritornato in Italia. Ha cercato e trovato supporto in amici, associazioni e amministrazioni locali. In seguito, grazie alla sensibilità di alcuni docenti della scuola primaria”Dino Virgili”, tra l’Associazione e la scuola si è stretta una collaborazione che noi conosciamo come progetto Atelier.

Abbiamo  capito che i lavoretti che noi creiamo durante i laboratori a classi aperte, organizzati nel periodo di novembre e di febbraio, e per i quali viene data una donazione dalle nostre famiglie, permettono la raccolta di fondi che, tramite questa associazione, vengono inviati in Perù e utilizzati per sostenere progetti di contrasto all’emarginazione sociale, di supporto all’istruzione, di aiuto e sostegno alle comunità locali.

Con comunità locali intendiamo tutti i villaggi della zona che si trovano principalmente sulle Ande, una catena montuosa con cime alte oltre i 4000 metri. In questi villaggi le temperature sono rigide di notte mentre durante il giorno il sole è molto forte, il terreno è  secco e ”i bambini non hanno mai visto le giostre”. Non c’è il riscaldamento e le case sono costruite con mattoni fatti con la terra del luogo, i tetti invece sono principalmente costituiti da paglia. Uno dei racconti che ci è rimasto più impresso è stato quello dell’arrivo dell’energia elettrica in un villaggio. Sono stati infatti i volontari dell’associazione, durante un loro viaggio,  ad accorgersi che nel paesino c’era già un pilone per l’energia elettrica, ma che non erano stati fatti i collegamenti. Ci hanno pensato loro con  impegno e lavoro e, quando l’impianto elettrico è entrato in funzione ed è stato acceso, tra la gente del villaggio si è levato un ”Ohhh!” di meraviglia.

Tra i racconti e le immagini che ci sono rimasti più in mente c’è sicuramente la storia delle ”bambine invisibili delle Ande”. I volontari ci hanno infatti raccontato che si chiamano così perché, verso la fine degli anni 80, in maniera massiccia, alcuni contadini provenienti dai piccoli villaggi che si trovano sulle Ande  si accordavano con le famiglie della città per portare le bambine a lavorare presso di loro. Ai genitori veniva promesso che sarebbero state cresciute come figlie e, in cambio di piccoli lavori domestici, avrebbero potuto avere vitto, alloggio e sarebbero state istruite. Nella realtà però queste bambine perdevano completamente i contatti con la famiglia di origine e venivano sfruttate, maltrattate  e obbligate a svolgere lavori domestici molto pesanti e ad occuparsi perfino di bambini piccoli nonostante loro stesse avessero appena 7 o 8 anni. Inoltre, siccome erano prive di documenti, veniva cambiato il loro nome e i genitori non ricevevano più loro notizie. I bambini invece spesso dovevano lavorare nei cantieri o nelle fabbriche.

Ci ha fatto riflettere anche il racconto delle abitudini quotidiane dei bambini nei villaggi, infatti ci siamo accorti che le nostre vite sono molto diverse dalle loro. I bambini, ogni mattina, prima di andare a scuola, portano gli animali al pascolo. Poi, per raggiungere la scuola, percorrono un’ora, un’ora e mezza di strada a piedi. I loro pasti sono composti solo da riso e carne o riso e pesce: anche per questo uno dei progetti sostenuti dall’Associazione è stato quello di fornire la frutta come merenda a scuola. I materiali scolastici non sono molti eppure i bambini ne hanno la massima cura; un’altra cosa che colpisce è che quando i bambini devono ricevere qualcosa, si mettono ordinatamente in fila da soli e aspettano il loro turno. Il sole durante il giorno picchia molto forte, per questo motivo i bambini devono tenere sempre in testa un cappello che viene loro fornito dallo Stato. In compenso nelle case non c’è il riscaldamento (e non dimentichiamo che i villaggi possono essere ubicati fino a 4000 metri di altitudine). Molte strade non sono asfaltate.

Non siamo rimasti indifferenti alle immagini che ci ha mostrato Beatrice: scene di vita scolastica, di lavoro, i cibi, le danze e i momenti di festa. Siamo rimasti stupiti dal fatto che loro non si lamentano mai e sanno essere felici di quello che hanno. Questo ci ha fatto riflettere su quanto noi siamo veramente fortunati e magari riusciamo a lamentarci lo stesso... Ci ha rattristato sapere che vicino ai villaggi non ci sono ospedali né farmacie e che la gestione delle malattie sia davvero molto difficile e problematica.

Ci ha emozionato invece vedere che una scuola costruita a Misanapata porta una targa che recita un ringraziamento alla Scuola primaria Dino Virgili di Martignacco e abbiamo capito quanto può essere importante il nostro contributo.

Per concludere vogliamo condividere questa riflessione: ci rendiamo conto di quanto l’intervento dei volontari sia prezioso, anche se, per raggiungere il Perù, sono necessarie tantissime ore di volo; quanto queste persone siano fantastiche nell’offrirsi per garantire un miglioramento nel futuro di questi bambini. Riconosciamo che questa associazione svolge un grande lavoro, ma crediamo che questa generosità debba essere raccolta e debba essere per noi un insegnamento. 

Chissà se un giorno, alcuni tra noi, potranno seguire la spinta di queste persone ed agire in modo concreto per dare un aiuto alle ”voci che chiamano”….